Improvvisazione senza arte

Improvvisamente un altro tassello nella sceneggiatura politica sulla scuola: si legge oggi su “Il Corriere” che è arrivato sul tavolo del Governo per la discussione una proposta del microrganismo politico di LeU di prolungare l’obbligo scolastico fino a 18 anni. Una proposta che appare di semplice impostazione e fattura, ma che, al contrario, è realisticamente molto complessa e di difficile attuazione nel quadro generale dei nodi problematici del sistema scuola. E’ sufficiente suggerirne alcuni per comprendere il senso di una proposta che si scontra e si frantuma contro i dati di realtà. Prima di tutto, è doveroso dire che non è un obbligo di legge che può risanare di colpo i gravi, perduranti e profondi punti dolenti del sistema scolastico, bensì, al contrario, saranno proprio queste larghe e forti carenze del sistema le barriere contro cui si frantumerà miseramente una norma possibile da scrivere e da approvare, ma impossibile da gestire e renderla efficacemente praticabile nei risultati. Suggeriamo in breve soltanto una minima parte dei gravi punti critici del nostro sistema. La dispersione scolastica, ossia la trasgressione dell’obbligo fino a 16 anni. è molto alta e perdurante da tempo, è distribuita in modo molto difforme nelle regioni e nelle province del territorio nazionale, molto forte anche nelle scuole del primo grado di istruzione e non ha ancora avuto interventi fattivi ed efficaci. La scuola italiana è agli ultimi posti in Europa e nel mondo in merito a investimenti finanziari: si pensa di migliorare strutture e risorse professionali per progetti formativi efficaci, la scuola ha urgente bisogno di abbassare il numero di alunni per classe per includere una complessità di domande dei giovani: si pensa di affrontare l’obbligo fino a 18 anni senza spendere un Euro, quindi ampliando le gravi carenze descritte sopra? La scuola presenta forti disparità nei territori riguardanti la qualità formativa e ha un forte bisogno di adeguare e migliorare la formazione in entrata e in servizio del personale docente, ampliare il numero di docenti e di personale specializzato, tecnico e amministrativo e, soprattutto, adeguare gli stipendi di docenti preparati e impegnati adeguatamente in servizi innovativi per gli studenti: ci sono le risorse per una esigenza inderogabile di questa natura? Il miglioramento e l’innovazione di metodi e strumenti di rilevazione per sistemi di valutazione efficienti e significativi è un problema che aspetta ancora risposte, dopo anni di difficoltà e di superficialità di impiego, tanto da generare in modo serio e rilevante una ostilità diffusa verso un sistema che dovrebbe al contrario rappresentare un forte supporto e aiuto collaborativo al miglioramento del servizio scolastico e alla fiducia nello stesso sistema da parte di studenti e famiglie. Direi che è meglio finirla qui pur non avendo toccato la metà dei problemi effettivi sul campo. Dunque, tornando al punto e alla domanda fondamentale iniziali, una proposta di questa natura innestata in questa gravità e complessità contestuale è una boutade da far impallidire qualsiasi persona dotata di buon senso e di normali doti intellettive. Una boutade né più, né meno è questa proposta, solo per non appesantire il giudizio, che è in realtà molto più sprezzante. Leggendo con una certa regolarità questi interventi della nostra classe politica, mi è venuto alla mente il titolo di un buon libro di alcuni anni fa. Mi pare che soltanto il titolo dà l’idea dello stato delle cose politico-amministrative  del nostro Paese. Il titolo del libro è “La Repubblica dei brocchi”.

Vanni Savazzi weblog