Dalla politica per un ideale a una politica per il potere

In questa fase di rapidi cambiamenti nel mondo, mi pare sia facile riconoscere una qualità generale in forte crescita nel fare scienza politica: l’impostazione decisionale del leader. Si intenda, il leader è sempre stato la figura fondamentale per qualsiasi gruppo di carattere politico, per qualsiasi partito, ma dal secondo dopoguerra ad oggi le linee direttive  stanno seguendo  impronte e sviluppi abbastanza differenti. I leader dei partiti impostati “tradizionalmente” dal 1945 ai primi anni del XXI secolo seguivano decisioni prese collegialmente in tempi distribuiti, anche sentito il parere di sedi locali, poi applicate e sviluppate con le direttive, le tracce linguistiche originali del leader e del suo staff. Il “partito” era il termine unico nel vocabolario politico; anche il termine “movimento” o altri erano sottotitoli di “partito”. Il partito seguiva specifiche linee ideologiche con orientamenti e visioni e idee storico-filosofico-economico-sociali sulla politica di Stato ben definite, seppur non sempre chiare in alcuni aspetti e in ogni caso con linee generali vicine tra uno o più partiti. Persino il linguaggio, la terminologia e la struttura argomentativa del discorso politico si riconosceva da un partito e l’altro. Fattore importante, quello degli aspetti storico-ideologici tanto da poter riconoscere le aggregazioni tra partiti per formare i Governi responsabili per guidare un Paese, uno Stato. Dalle scelte del leader di partito, dalla sua capacità di coinvolgere e di attrarre la fiducia di partiti “vicini” per formare un Governo: i cittadini e gli elettori sapevano riconoscere e comprendere dalle conferenze pubbliche quali linee e scelte politiche generali e specifiche preferiva per il voto alle elezioni. Ordunque, tutto questo quadro è cambiato profondamente in tutti gli aspetti: dal nome (il termine “partito” non gode più l’affetto e l’emotività  presso i cittadini contemporanei) alla impostazione ideologica basata su alcuni princìpi statici e visioni del mondo di ampi orizzonti e lunghi tempi attuativi. Questo quadro generale si è già disciolto di in diverse forme perchè non è stato in grado di comprendere e di affrontare profondi cambiamenti nel mondo in atto. Questo cambiamento profondo sociale-culturale-economico ha colpito il fare politica centrato su ideologie di scuola socio-filosofico e ha imposto il compito di Governo su una impostazione tecnico-scientifica in uno spazio globale. Ebbene, la forma partito era/è impresentabile per questi compiti ma richiede grande competenza scientifico-sociale e grande sensibilità sociale per le sofferenze delle civiltà contemporanee da parte dei leader di forme politiche nuove (la vicinanza costante tra leader e popolo, tra leader locale e leader del mondo ..) e competenza profonda degli strumenti scientifici, tecnologici e comunicativi verso i cittadini. Ebbene, se nel secondo dopoguerra gli Stati avevano strumenti semplici ed economie povere, ma potevano contare su leader mondiali competenti e sensibili, nella nostra situazione globale attuale abbiamo molti mezzi e strumenti in ogni campo della tecnica e del sapere, ma abbiamo leader ignoranti e di bassa competenza strorico-culturale-scientifica, arroganti e spesso, tanto per non farci mancare niente, maleducati. Potremmo ragionare anche sulla decrescente qualità di educazione, sapere e di cultura, ma è meglio interrompere.

Vanni Savazzi weblog