Un pilastro fermo al 1859 per il futuro del Paese

Nel post precedente abbiamo fatto cenno alle nuove professionalità, che nel futuro prossimo il mondo del lavoro richiederà per reggere il confronto globale nelle economie di nuove offerte sul mercato, di competenze professionali ramificate in nuovi settori, specializzate e aperte da nuovi orizzonti scientifico-tecnologici e delle intelligenze artificiali. Il benessere sociale potrà mantenersi a nuove sfide soltanto se il sistema formativo sarà in grado di educare a cittadinanze globali e di formare professionisti preparati. Abbiamo ribadito questa opinione già diverse volte, ma, se i decisori ottusocrati nostrani mantengono stesse visioni e convinzioni del passato prossimo e remoto, è bene insistere sugli stessi convincimenti. Sul sistema formativo, all’opposto degli arcinoti ottusocrati decisori nostrani, da sempre sugli stessi scranni, pur da diversissime provenienze politiche, riteniamo che dovrebbero essere investite in tempi brevi adeguate e ricorrenti risorse economiche per ridisegnarne l’architettura, per adeguare le infrastrutture didattiche alle nuove sfide e per rilanciare soprattutto e primariamente le professionalità dei docenti. Ebbene, l’architettura del nostro Paese risale al 1859, i percorsi del sistema scolastico restano tali a quelli in vigore dal 1861, salvo alcuni ritocchi, salvo nuovi indirizzi e nuove materie. Il nostro sistema di istruzione e formazione sopravvive con risorse economiche essenziali e figure professionali dei docenti praticamente inalterate. In questa nuova legislatura, fatte salve alcune sfuriate, episodiche uscite per sgridare e promettere il ritorno a vecchie mode, di poco o nulla si è fatto cenno in tema di cambiamenti strutturali. E così del nuovo futuro che si delinea, dalle nostra parti il sistema formativo continua a sognare un orizzonte di fantasia in aule con le serrande ben chiuse.

Vanni Savazzi weblog