Scuola e lavoro non sono alternativi

Il rapporto scuola-lavoro è di per sé connaturato, congenito. Sarebbe superfluo dilungarsi, ma è bene riprendere questo nesso per dimostrare a valenza e la necessità di acquisire conoscenze, abilità e competenze, di fare esperienze per ricercare nuovi saperi e per imparare a risolvere i problemi e sapere affrontare alcune basi fondamentali di funzioni e compiti fondamentali di un lavoro e di una professione. La formazione di saperi e la pratica, lo svolgimento di una professione non sono due segmenti separati, distinti, alternativi: per apprendere a imparare nuove conoscenze/competenze è fondamentale svolgere delle esperienze reali e per svolgere e per continuare a svolgere un lavoro, una professione è necessario affrontare nuovi studi, aggiornamenti, nuova formazione per affrontare nuove sfide di realtà. Formazione e lavoro rappresentano un ciclo continuo di apprendimenti e di esperienze su problemi di nuove realtà che il futuro richiede. Non appare così evidente, ma una formula matematica astratta o una pagina di letteratura hanno profonde incidenze sulla vita, sul sistema professionale e sul futuro dei giovani. Fatta questa premessa, il rapporto scuola-lavoro non può essere oggi messo in crisi a seguito di alcuni gravissimi episodi accaduti di recente, ma è fondamentale intervenire, sia in sede giudiziaria per correggere o impedire certe pratiche e certi comportamenti che non rispettano le norme e che non sono da considerare come esperienze di scuola-lavoro, sia in sede normativa prioritariamente per rivedere ed escludere modalità e forme inaccettabili di esperienza scuola-lavoro (anche la denominazione stessa di “alternanza scuola-lavoro è ormai obsoleta e persino concettualmente sbagliata di due segmenti che sono nominati distinti e distanti, “altro da sé”, ma che non lo sono per natura) e per intervenire in merito con controlli e provvedimenti in merito e, fondamentalmente e soprattutto, aggiornare tutta la struttura e tutto l’impianto del rapporto scuola-lavoro mediante accordi con imprese, aziende pubbliche e studi professionali e mediante investimenti per migliorare le strutture laboratoriali nelle scuole e per modificare la direzione di transito tra scuola verso l’impresa a vantaggio della direzione da imprese verso la scuola, all’interno della scuola. La recente proposta di inserire una direzione per l’ITS è una buona cosa, ma non deve essere affrontata una riforma top-down se non si interviene con una riforma generale dell’istruzione tecnico-professionale, di una riforma strutturale della scuola e con un contratto del personale della scuola profondamente e strutturalmente rinnovato.

Vanni Savazzi weblog