Cambio nome e ho nuove idee

Quando la pochezza e la confusione di idee raggiunge il minimo storico, quando i fallimenti degli obiettivi di una qualsiasi organizzazione sociale, politica, economica, ecco che spunta il colpo di scena dei dirigenti: cambiare il nome della organizzazione. Certamente, il cambio di nome di una azienda dopo il fallimento di molti suoi prodotti in una serie di tentativi può agevolare una nuova idea commerciale e produttiva nel pubblico, ma la stessa cosa non succede in una organizzazione politica che sostanzialmente non cambia il proprio quadro di idee. Eppure, non è così. Infatti, in una formazione politica nel nostro Paese, in cui, dopo una sconfitta importante, ma non così disastrosa, nelle ultime elezioni, gli organi direttivi e i candidati nuovi alla presidenza stanno pensano di cambiare nome al partito. E’ da notare che questo Partito nel corso dell’ultimo ventennio ha già cambiato nome molte volte, anche se in un contesto molto diverso, da quello attuale. Ora, l’idea fondante non è tanto quella di cambiare l’orientamento di idee, quanto quella di mantenere e ampliare le stesse idee dei valori democratici della società, della economia e del lavoro, della ricerca di nuove politiche di riduzione delle disuguaglianze. In questo orientamento di sostegno alla democrazia e della giustizia sociale, di visione del mondo civile a livello globale, non si capisce quanto possa incidere il cambio di un nome importantissimo, qual è quello di “democrazia”, di partito che sostiene la democrazia, pur non avendo raggiunto tutti i risultati in merito, pur avendo commesso seri errori, non è possibile scaricare le colpe delle politiche sul nome che richiama la “democrazia”. E’ una logica aberrante, forse è proprio soltanto di una logica senza senso di realtà. Proprio per questa mancanza di senso della ragione, proprio per non avere capito il senso del proprio nome, ci induce a capire che tale nobile nome di “democrazia” non può essere associato ad una formazione partitica così piccola di idee e così piccola di “sapere” storico e culturale del nostro Paese. Una dirigenza, che pensa di cambiare nome per avere nuove idee, non merita altro che bassissima considerazione.

Vanni Savazzi weblog