Un voto sul registro non è riforma della scuola

Si è letto di recente su giornali e vari siti web di dichiarazioni del nostro Ministro dell’Istruzione sulla intenzione di introdurre un sistema di “valutazione”, tramite voti, dei docenti. Immagino che tramite questo disegno, peraltro non nuovissimo e tantomeno originale, il Ministro intenda affrontare per risolvere la questione del “merito” dei docenti, sulla valorizzazione delle competenze e dei risultati del lavoro didattico. Fosse realmente questa la finalità del disegno, sottinteso che non sarebbe particolarmente complicato introdurre organi responsabili (ispettori, docenti universitari, dirigenti di Enti pubblici…) delle procedure e della decisione di assegnazione dei voti, i nodi critici riguardano altri aspetti ancora tutti da affrontare e da chiarire. 1) I voti ai docenti restano un giudizio su competenze e attività di un singolo e sembrano escludere la grande rilevanza e complessità di un sistema scolastico in cui opera il singolo docente, di un sistema interno e di un sistema territoriale che incidono in molteplicità di forme e di risorse su efficienza e qualità del Piano di Offerta Formativa. Nel sistema interno della scuola operano altri attori che hanno molte responsabilità nella determinazione di forme, risorse, gestione per la qualità della offerta formativa: perchè allora escludere di dare i voti anche a dirigenti scolastici, a personale tecnico-amministrativo, alle figure responsabili e decisionali dei servizi socio-sanitari e delle amministrazioni territoriali? 2) L’efficacia, il senso e la rilevanza dei voti ai docenti dovrebbero determinare un impatto esplicito e concreto su stipendi e sulla carriera dei docenti. In caso contrario, i voti ai docenti non possono che finire in un registro di carattere puramente virtuale e burocratico. I voti ai docenti sono interpretati come una forma di medaglia da mettersi sulla giacca? Sarebbe davvero grave. Di questo, tuttavia, non si parla affatto o molto poco. Se la valutazione del docente dovesse incidere sulla carriera in termini economici e di ruolo, si dovrebbe rinnovare dalle fondamenta la struttura dei contratti di lavoro con la collaborazione dei sindacati. E su questo fronte si aprirebbero barriere fortissime, riconosciuta l’arretratezza della impostazione sindacale sul lavoro del personale scolastico. In conclusione, per farla breve si trona al problema più grande: la mancanza di una visione sistemica, di una impostazione di complessità dei problemi per riformare e rinnovare la scuola, che l’attuale Ministro sembra non prendere in considerazione o sembra, nella peggiore delle ipotesi, non avere proprio.

Vanni Savazzi weblog