Scuola di Roma: atto consapevole, scombiccherato o grave? Ma.. finita qui?

Il caso della Scuola di Roma che ha dichiarato per iscritto (ormai cancellato con tempestività) una assegnazione delle classi ai plessi in base alle classi sociali ha suscitato molte reazioni tutte nella stessa, giusta direzione di assegnazione della colpa alla dirigenza scolastica. Accertato effettivamente che lo scritto, pubblicato sulla stampa, è stato emanato, non dovrebbero sussistere dubbi sulla uniformità di giudizio pesantemente  negativo nei confronti della scuola stessa. Resta da attendere la conclusione di indagini e le sanzioni per chiudere il tutto e per dare chiarezza a tutti gli aspetti dei fatti e finire qui. Eppure no, primariamente c’è il commentario di giornali e di social che interferisce sul tutto e amplifica tutti i particolari dei fatti e resta, infine, la ricerca di argomentazioni e di motivazione circa una tale scelta così gravemente sbagliata sotto tutti i punti di vista da parte di una scuola pubblica. Prima osservazione cade sui commenti dei giornali riguarda tempestività, ampiezza, ripetitività, diffusione della notizia e annessi numero, forme e ampiezza dei contenuti delle note (articoli generici, cronache, articoli di fondo, commenti e interviste e altri) e strumenti (carta. digitale) e ambienti di pubblicazione (siti, social, messaggi..): uno spiegamento di dati e commenti molto intenso e forte nell’attirare attenzione di approfondimento e reazioni immediate emotive, con una centratura del tema discriminatorio unico e chiaro. La seconda osservazione in merito al contenuto della informazione è caratterizzata da un unico nucleo-nodo fermo e risoluto basato sulla azione consapevole e deliberativa di un istituto scolastico pubblico molto netto e altresì molto breve e secco: la scuola ha attuato una azione consapevole di separazione di bambini in base alla appartenenza a classi sociali medio-alte o classi sociali basse. Attorno a questo nucleo un’ampia e distesa espansione di reti con contenuto molto ramificata e approfondita su diversi contenuti: la separazione di bambini, la classificazione sociale, l’azione discriminatoria di un ente pubblico e di un soggetto educante in un contesto educativo, la pluralità di soggetti coinvolti, dai bambini prima di tutti ma anche adulti (il responsabile e gli educatori scolastici, i genitori e il personale di servizio). I dubbi e le ipotesi di indagini più dettagliate sono rimasti molto ai margini della rete informativa. Da rilevare, altresì che in ambiente di social-network la rete dei commenti dei visitatori si è allargata a dismisura. In tutto questo ampio contesto del mondo di informazione, comunicazione e scambio, le argomentazioni e le osservazioni che si sono basate su approfondimenti di dati e contenuti sulla documentazione scolastica è stata del tutto marginale, per non dire assente. Ad esempio, praticamente nulla è comparso su tutti questi organismi il fatto che nei documenti ufficiali della scuola il tema della inclusione è in primissimo piano in diversi modi, contenuti e progetti. Questa attenzione avrebbe fatto riflettere meglio sul caso, in quanto la domanda emergente di fronte a questo atto documentale sarebbe stata semplice e immediata: come mai una scuola che dichiara così estesamente il proprio impegno sulla inclusività e la protezione dei più deboli ha potuto compiere un gesto così gravemente sbagliato e offensivo verso la sensibilità proprio dei più deboli? Qualcosa non quadra! Tantomeno quadrano del tutto le osservazioni che sono emerse da più parti nei settori negli ambienti scientifici, pedagogici, sociali e culturali, del tipo: il mondo reale è globalmente impostato sulla discriminazione tra soggetti ricchissimi e soggetti che soffrono la fame, dunque può essere un errore seppur grave di una singola scuola a creare squilibri sostanziali nella situazione del mondo e delle classi? La differenza di potere economico tra classi ricche e classi deboli determina da sempre e da qualsiasi parte lo squilibrio di risultati scolastici e i destini nella società tra figli delle classi povere e figli delle classi deboli, ergo non potrà mai essere responsabilità di un singola scuola seppure grande a determinare i mali del mondo! Di fronte a questi sbandamenti da un eccesso di visioni ristrette delle cose centrate su impulsività comunicativa per fare emergere la grave colpevolezza della scuola nella singola persona del dirigente, agli eccessi di ampiezza dello sguardo e della visione sullo stato del mondo nel permanere delle ingiustizie degli uomini su altri uomini da millenni, sinceramente non si può rimanere sereni, non si può restare anche un po’ sbalorditi perché portano a produrre valutazioni fuori tema, osservazione per propria natura squilibrate, decentrate, esagerate. I mali del mondo non si governano e non si superano facendo emergere il tutto e trascurare il singolo comportamento, non si superano e non si governano chiamando a rispondere in modo esasperato e punitivo sul singolo responsabile. Basterebbe per cominciare che le autorità scolastiche preposte sistemassero la situazione riportando la distribuzione delle classi in modo razionale, equo, equilibrato, educativamente saggio; procedere con le indagini e arrivare ad una valutazione e giudizio sugli errori certamente commessi, assegnare le dovute sanzioni e riprendere la Strada più facile ed efficace per sistemare una singola situazione e riprendere il cammino per cambiare il mondo facendo ciascuno ciò che è in proprio potere. Finita lì e ricominciare seriamente un’altra via.

Vanni Savazzi weblog